Sunday, February 25, 2007

Reggie And The Full Effect "Songs Not To Get Married To"



Combo da sempre avvolto nel mistero, nasce dall'inventiva del factotum della band James Dewees di unire all'emocore una vena electro-pop; se lui è Reggie, tra i membri certi del Full Effect si cela il singer dei From Autumn To Ashes Benjamin Perri che si occupa degli screaming. Il gruppo fa della veemenza emotiva il suo punto forte, modellando la musica in modo camaleontico, con una varietà talmente ispirata che da sola vale il prezzo del disco. In un pezzo possono assomigliare addiritura a Rob Zombie ("The Fuck Stops Here"), in altre composizioni l'elemento industrial scompare prendendo le sembianze di una macchina da guerra ("The Trooth"), chiamando in causa i grandi nomi del metalcore. Colpiscono ogni punto scoperto con una forza d'urto impressionante. VOTO: 8. http://www.reggieandthefulleffect.com

Saturday, February 17, 2007

A Look Inside...Radiohead


Nati nell'89 col nome di On A Friday, i cinque di Oxford decidono di cambiare nome in Radiohead all'uscita del loro primo EP, "Drill", prendendo spunto da una canzone dei Talking Heads, da sempre loro grandi ispiratori. Nel 1993 il loro album di debutto "Pablo Honey", che si segnala come il più "rock" del lotto, non ricevette l'attenzione che ci si aspettava; fu il singolo "Creep" a mantenerlo a galla. Lo stesso si può dire del seguente "The Bends" sorretto dal brano "Street Spirit" . Nel 1997 esce "Ok Computer" e grazie a composizioni di notevole fattura come "Karma Police" e "No Surprises" diventano una delle band più acclamate del pianeta. Nel 2000 esce "Kid A", disco che abbraccia l'elettronica, staccandosi apparentemente da un così opprimente passato; nonostante questo il pubblico li supporta, facendo di quel lavoro ricercato un successo. L'anno dopo ci riprovano con "Amnesiac", volgendo lo sguardo al jazz come testimoniano i singoli "Knives Out" e "Pyramid Song". Nel 2003 i Radiohead tornano alle origini con "Hail To The Thief": la distorsione ritrova l'ambito ruolo di protagonista accompagnando liriche splendide. Non faranno emocore, ma sono sicuramente un gruppo che s'intende di emozioni, regalandocene a profusione da oltre un decennio.

Fall Out Boy "Infinity On High"


Non è semplice recensire un album dei Fall Out Boy, vuoi perché i quattro ragazzi americani tendono a reinventarsi in ogni lavoro, vuoi perché le loro influenze marcatamente da "sala da ballo" non sempre godono dei favori della critica. Nel nuovo "Infinity On High", primo album del 2007 analizzato da noi, la componente "dance" diventa essenziale sia nel cantato che nella struttura dei brani vera e propria; è come prendere una boy band a caso e metter loro degli strumenti in mano, condire l'insieme con dell'emo-punk ed il gioco è fatto, in pratica otterrete dei Backstreet Boys che si dilettano a scimiottare i Silverstein. Devo dire, senza riserve, che la formula funziona: "The Take Over, The Break Over" e il singolo "This Ain't A Scene, It's An Arms Race" sottolineano quanto vincente possa risultare questa scelta. C'è persino una canzone intitolata "Thriller", che richiama alla memoria un certo Michael Jackson: casualità o volontà precisa? La partecipazione del rapper Jay-Z ci mette nuovi dubbi su quel che avverrà nel futuro prossimo della band. Io mi accontento e promuovo un disco che ha dalla sua l'orecchiabilità di ogni singola traccia e la voglia del quartetto di intraprendere nuovi percorsi. VOTO: 7.